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Corte d’Appello di Milano: il termine dei 15 giorni per l’avvio della mediazione non è perentorio

Lo scorso 24 maggio la Corte d’Appello di Milano ha pronunciato una sentenza piuttosto interessante sul termine dei 15 giorni in mediazione. Per la suddetta Corte il termine dei 15 giorni non sarebbe, infatti, vincolante ai fini della dichiarazione di improcedibilità. Il trascorrere di questo lasso di tempo utile ad introdurre il procedimento di mediazione, dunque, non deve essere interpretato alla stregua di un termine processuale proprio perché la mediazione in sé costituisce uno strumento di risoluzione alternativa delle controversie e non procedimento ordinario.

In realtà la questione verteva su un’opposizione a decreto ingiuntivo portata avanti da un singolo contro una S.p.A. presso il Tribunale di Monza. Quest’ultimo aveva rigettato l’opposizione per mancato esperimento del tentativo di mediazione nel termine assegnato, e confermava il decreto ingiuntivo. A questo punto la persona in causa svolgeva appello con atto di citazione notificato regolarmente alla controparte, deducendo l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto che il termine di 15 giorni indicato dal giudice per la presentazione della domanda di mediazione fosse inutilmente spirato senza richiesta di proroga. Secondo l’appellante, dunque, i termini di legge in proposito non sono da intendersi come perentori, per cui non andrebbero da intendersi come penalizzanti.

Ed in effetti, seguendo la Convenzione dei diritti dell’Uomo (art. 24 Cost. e art. 6) il diritto di agire non dovrebbe essere impedito da ostacoli temporali o decadenze processuali incompatibili con il principio del giusto processo e con il diritto di libero accesso alla giustizia, di matrice costituzionale e convenzionale. In base a tali considerazioni queste sono state le testuali motivazioni della Corte d’Appello di Milano: “[…] il termine di quindici giorni non appare corrispondere a un termine processuale cui applicare il disposto di cui all’art. 154 c.p.c. Lo spirare di tale termine, invero, non avrebbe neanche dovuto condurre il giudice a ritenere necessaria una richiesta di proroga del termine, una volta fosse inutilmente spirato, circostanza che avrebbe avuto come effetto (questo sì paradossale) di allungare ulteriormente i termini di espletamento del tentativo di mediazione. Difatti il procedimento di mediazione costituisce una parentesi (giustappunto un’alternativa) del procedimento ordinario; e non può ritenersi come un’appendice di quest’ultimo, certamente sottoposto a più rigorose regole endoprocessuali”.

Per leggere la sentenza integrale vai nella sezione Giurisprudenza del nostro sito oppure clicca qui.

A cura dell'addetto stampa Concilia Lex S.p.A., dott.ssa Jenny Giordano

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